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Alitosi, fenomeni transitori e non transitori

L’alitosi, altrimenti detta “bromopnea” o “foetor ex ore”, è un imbarazzante disturbo che provoca l’emissione di alito cattivo dalla bocca.

Nella stragrande maggioranza dei casi, tale condizione è transitoria e fisiologica, quindi si risolve agilmente. È quello che accade ad esempio al mattino, quando il normale ristagno della saliva nella cavità orale provoca la classica “fiatella”.

Persino i digiuni prolungati e le diete severe possono scatenarla, poiché l’alimentazione insufficiente si associa sempre ad uno stato di ipoglicemia. Bassi livelli di zucchero nel sangue, infatti, attivano vie metaboliche che trasformano grassi e proteine in “carburante”, ma che al contempo favoriscono l’emissione di odori sgradevoli.

Che dire poi di cibi come aglio, cipolla, broccoli, carciofi, cavolo e cavolfiore? L’ingestione di questi ultimi non si traduce certo in una preziosa essenza ai fiori d’arancio. Sebbene dagli effluvi ci si possa liberare con dentifricio, collutorio ed una sana alimentazione, vi sono circostanze in cui i piaceri della buona tavola e l’igiene dentale non bastano.

Esistono infatti cause non fisiologiche dell’alito cattivo, dal carattere non transitorio, legate a disturbi gastrointestinali ed affezioni del cavo orale. In alcune rarissime eccezioni, inoltre, alla base della bromopnea vi sono patologie sistemiche di una certa entità, che coinvolgono i reni, il fegato ed i polmoni.

Pulpiti, parodontiti e perimplantiti, quando la sede dell’alitosi è la cavità orale

Indipendentemente dalla regione anatomica dalla quale origina l’alitosi, vi è sempre una qualche proliferazione batterica alla base. Si pensi ad esempio alla patina densa, bianca e maleodorante che ricopre la superficie linguale. Questa va regolarmente rimossa tramite apposito raschietto, oppure sfregando energicamente il dorso dello spazzolino.

Persino una ridotta produzione di saliva, nota come “xerostomia”, può indurre un intenso sviluppo batterico, dovuto all’abbassamento del PH orale. Se i patogeni trovano un ambiente favorevole, ricco di nutrienti, riescono a moltiplicarsi a dismisura, causando nel lungo percorso anche carie e pulpiti. L’olezzo prodotto da chi è interessato da un processo cariogeno è inconfondibile e, allo stesso tempo, assai molesto. Tuttavia offre un prezioso indizio diagnostico che spinge l’odontoiatra ad eseguire determinate procedure.

Il solco gengivale può andare incontro a retrazione, lasciando scoperta parte della radice dentale. Ciò accade in caso di parodontiti, malocclusioni, gengiviti, piercing e persino disturbi del comportamento alimentare, con maggiore incidenza in caso di bulimia e/o autoinduzione del vomito.

La denudazione dei colletti dentali, che si cela spesso dietro un ingannevole aspetto sano delle mucose, provoca dolorose infiammazioni, accumulo di placca e tartaro. Tali circostanze, di riverbero favoriscono la proliferazione batterica e, nei casi più estremi, anche la caduta dei denti.

Porre un freno a queste problematiche è quindi imperativo se ci si vuole liberare dell’alito cattivo. Naturalmente ciò è possibile soltanto recandosi presso uno studio dentistico e valutando assieme ai professionisti dell’area sanitaria le terapie disponibili. Tutti coloro che hanno dovuto sostituire un molare con una protesi, sanno bene quanto veritiero possa essere il proverbio “chi bello vuole apparire, un po’ deve soffrire”. Capsule, dentiere, ponti ed impianti sono infatti soluzioni estetiche valide, ma che possono riservare ben più di una sgradevole sorpresa. Le prime possono scheggiarsi in presenza di urti o carichi, le seconde e le terze possono riempirsi di residui di cibo, le quarte possono invece cagionare severe perimplantiti.

Queste sono tutte vie che facilitano la crescita disomogenea delle 700 specie di batteri che colonizzano la bocca, modificando il labile equilibrio che s’instaura tra di esse. Oltre a causare alitosi, tuttavia, infezioni di questo calibro possono provocare una spaventosa perdita di tessuto osseo.

Patologie sistemiche ed alitosi del bambino

Come premesso, vi sono malattie metaboliche e sistemiche che sono strettamente correlate all’alito maleodorante. Le prime sono certamente quelle di competenza otorinolaringoiatrica e possono colpire qualsiasi fascia d’età: tipico è il caso di tonsilliti e stomatiti.

Fatiscente è anche l’aria esalata da chi soffre di infezione da Helicobacter pylori, causa di gastriti ed ulcere peptiche. Alcuni ceppi di questo batterio spiraliforme, le cui modalità di trasmissione all’uomo non sono ancora pienamente chiarite, producono composti solforati volatili (CSV). Studi condotti con l’ausilio di un gascromatografo hanno dimostrato che sono proprio questi CSV a causare cattivi odori. Nello specifico, il solfuro di idrogeno si accompagna sempre alle parodontiti mentre il dimetilsolfuro al reflusso gastroesofageo.

Per completezza d’informazione va comunque precisato che i composti organici volatili presenti nell’alito (COV) sono circa 3000. A generare le fragranze meno appetibili possono essere quindi mix di tali elementi, tra i quali un centinaio si distingue per la mostruosità dell’olezzo. Il diabete mellito, causato da una difettosa produzione d’insulina da parte del pancreas, è anch’esso strettamente connesso all’alitosi. Si parla in questo caso di “respiro chetonico”, poiché l’alterazione del metabolismo glicidico produce un eccesso di corpi chetonici.

L’insufficienza renale, interessata da livelli elevati di acido urico, notoriamente dona uno sgradevole odore al fiato, che ricorda in ogni sua sfumatura il pesce andato a male. In genere, tutte le affezioni epatiche maggiori, compresa la cirrosi, sono contraddistinte da un alito pestilenziale. In gergo clinico questo viene apostrofato “foetur epaticus”, la cui profumazione appare dolciastra e fecale. Nei pazienti pediatrici, a scatenare l’alitosi vi può essere una banale stitichezza, della quale i bambini possono soffrire saltuariamente.

Altre possibili motivazioni sono poi l’infezione del tratto respiratorio, la gastroenterite, i parassiti intestinali, la chetosi (in caso di stati febbrili) e la scorretta alimentazione. Bisogna però rammentare che la bromopnea è tipica dei primi due anni d’età. In questa circostanza, la correlazione diretta va ricercata nel fenomeno della dentizione.

Cause alimentari e principali rimedi

L’igiene orale e la cura dell’alimentazione, sono i pilastri che assicurano gradevolezza e freschezza dell’alito. Nonostante sia risaputo che i peggiori alleati in questo contesto siano aglio e cipolla, minor consapevolezza vi è circa il consumo delle carni. Queste ultime, all’interno della bocca, sono soggette all’azione dei batteri, che le scindono nei costituenti principali: gli amminoacidi. Dal momento che molti amminoacidi contengono zolfo, il processo conduce alla liberazione dei “tioli”.

Conosciuti anche come “mercaptani”, questi composti organici sono caratterizzati da un aroma non soltanto sgradevole, ma anche intenso. Nell’ambito alimentare, va fatta poi attenzione all’ingestione di alcolici, bevande acide e caffè, capaci di scatenare un disarmante foetor ex ore. Il discorso non cambia neppure per l’uso di tabacco, correlato ad una massiccia bromopnea. Che a soffrire di alitosi siano i più piccoli, gli adulti o gli anziani, è indifferente, ciò che conta è affidarsi ai rimedi più efficaci.

Per questo bisogna sottoporsi a regolari visite odontoiatriche e prestare attenzione ad ogni disturbo di nuova genesi, potenziale spia di patologie non conclamate. È imperativo inoltre igienizzare correttamente il cavo orale, soprattutto dopo un pasto a base di cibi dolci.

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